venerdì 4 febbraio 2022

01/02/2022 - In ricordo di Rossella Noviello ad 1 anno dalla sua scomparsa

Lettera pubblicata dal quotidiano libertà l'01/02/2022



 

Egregio Direttore, 

Nel mondo - ho sempre pensato - esistono due tipi di persone. Chi vive la vita pieno di incertezze, e lotta continuamente per reinventarsi in un mondo che inevitabilmente cambia, e chi - qualunque cosa succeda - mantiene la barra a dritta, punta all’obiettivo indefessamente, perché crede alla propria missione ancor più che al risultato. Rossella Noviello, per quello che la vita mi ha dato l’opportunità di conoscere di lei, rientra sicuramente nella seconda categoria. Presidente di 100 x 100 in movimento, antimafiosa per essenza e non certo per costume, era l’incarnazione vivente di un valore ormai in disuso, la coerenza. Me ne resi conto in più d'un occasione, ed in particolare quando a stretto giro di posta dall’arresto dell’ex presidente Giuseppe Caruso, a chi la conosceva bene racconto’ il disagio dovuto alla presenza di esponenti di Fratelli d’Italia con tanto di cordone di sicurezza delle forze dell’ordine ad un incontro organizzato (uno dei tanti) alla biblioteca di strada di Via Serravalle Libarna. Le sembrò un’excusatio non petita. Lo disse francamente. Mentre altri avrebbero semplicemente ringraziato per la partecipazione. Anche da queste piccole cose, si vedeva Rossella. Che oggi vorremmo ricordare anche per queste preziosissime pepite di coraggio. Merce rarissima ai giorni nostri, ma apprezzate soprattutto dai tanti giovani che l’hanno affiancata negli ultimi anni per seguire il suo esempio, pur consapevoli di affrontare una strada impervia.

Andrea Fossati 

martedì 2 novembre 2021

19/07/2021 - Ricordo del Giudice Borsellino a 29 anni dalla strage di Via D'Amelio

 Sono passati ventinove anni da quel 19 luglio 1992 in cui persero la vita il Giudice Paolo

Borsellino e gli uomini della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li

Muli, Walter Cosina, Claudio Traina. L’unico superstite fu Antonino Vullo che quel

pomeriggio si trovava in testa al corteo della auto. Erano le ore 16.52 quando la fiat 126

imbottita di tritolo che si trovava in via D’Amelio fu fatta esplodere causando la strage.

Si scoprì successivamente che dietro quella terribile mattanza si celava una trattativa

demandata a componenti delle Istituzioni nelle persone dell’allora colonnello del Ros

Mario Mori e del capitano De Donno che scelsero l’ex Sindaco di Palermo Don Vito

Ciancimino come tramite per arrivare alla “cupola”.

Lo Stato, sotto ricatto, voleva mettersi al tavolo con Cosa Nostra per fermare le stragi; in

altre parole arrivare ad una resa. Ma questo Paolo Borsellino, che aveva appena visto

morire il collega e amico Giovanni Falcone, non lo poteva permettere. Non si sarebbe mai

dovuto trovare un accordo con chi chiedeva la revisione del maxi-processo e altri benefici

per i mafiosi. E così il Giudice divenne un ostacolo alla trattativa e fu abbandonato al suo

destino.

Lo stesso pomeriggio della strage di Via D’Amelio un uomo dello Stato, nel perimetro

recintato del cratere della bomba, si introduce nell’auto carbonizzata, prende una delle due

borse appartenenti a Borsellino e da lì estrae l’agenda rossa che non fu mai più trovata.

Quella stessa agenda che conteneva nomi e fatti che il Giudice aveva scoperto. E per non

far capire chi era stato ad organizzare quelle stragi, e cioè i fratelli Graviano – boss di

Brancaccio, legati ad uomini dello Stato e della politica anche futuri, venne organizzato da

Arnaldo La Barbera, funzionario di polizia che coordinò le indagini sull’attentato, il più

classico dei depistaggi (La sentenza della Corte d'Assise di Caltanissetta lo definisce «uno

dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana»), “confezionando” ad hoc un falso

pentito, tal Vincenzo Scarantino, che rese dichiarazioni false e preconfezionate.

Dal passato emergono frammenti di verità con molta fatica, inchiesta dopo inchiesta,

processo dopo processo. Proprio per questo servirebbe uno sforzo supplementare delle

Istituzioni tutte per illuminare gli angoli bui del passato e non a comportamenti che mirano

a far dimenticare questa storia, a cancellarla per sempre.

Andrea Fossati

sabato 24 luglio 2021

15/07/2021 - Tutelare la dignità di Sindaci e Consiglieri Regionali

 

Nella foto il Sindaco Massimo Castelli

Troppe responsabilità a fronte, anche, di indennità nemmeno paragonabili a quelle dei Parlamentari. Fare il sindaco sta diventando «il mestiere più pericoloso del mondo» per usare un’espressione dell’avvocato Luigi Chiappero, difensore della sindaca di Torino Chiara Appendino, condannata a un anno e sei mesi per i fatti di Piazza San Carlo dello scorso 3 giugno 2017, il giorno della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid, quando il panico scatenato da una bomboletta spray urticante, costò la vita a due persone e numerosissimi feriti.

Recentemente, anche il sindaco di Cerignale Massimo Castelli a Roma sul palco di Piazza Santi Apostoli ha insistito sullo stesso punto: «Il sindaco di Fara San Martino è indagato per omicidio colposo perché una donna è morta colpita da un sasso su un sentiero nel suo territorio comunale». Qualcosa deve necessariamente cambiare, anche per evitare che i giovani si allontanino da quella bellissima esperienza umana che è la partecipazione alla vita pubblica del proprio territorio, nella veste di primo cittadino. Soprattutto nelle zone periferiche, dove la smobilitazione dello Stato è in atto da anni.

La soluzione, in realtà, ci sarebbe anche: è stata presentata da Anci al Presidente Mario Draghi una proposta di legge per sgravare le responsabilità dei sindaci. Questo è un 'mestiere' che sa regalare emozioni uniche ma che purtroppo ogni giorno li espone anche a rischi che potrebbero segnare profondamente non solo la vita amministrativa ma anche quella personale e familiare.

Non solo sindaci. Anche fare il consigliere comunale è un’esperienza di vita che va stimolata, tant’è che esistono anche i consigli comunali dei ragazzi per avvicinare i più giovani alla vita politica del proprio territorio. Palestre di cittadinanza e di vita che forgeranno, si spera, una futura classe dirigente in grado di tenere alto l’onore di rappresentare i propri cittadini.

Ecco, esattamente il contrario di quanto fatto da Vittorio Feltri, che, intervistato sulla nomina di capolista di Fratelli d’Italia per le Comunali di Milano, ha dichiarato: «Fare il consigliere non è un impegno. Vai in Consiglio una volta la settimana, dici le tue cazzate e magari riesci pure a imporre qualcosa. Così posso continuare a fare il mio lavoro a Libero. E non mi monto la testa come fa chi non ce l’ha». Cattivi maestri per il mestiere più bello del mondo.

Andrea Fossati

pubblicato da libertà 15/07/2021

giovedì 10 giugno 2021

10/06/2021 - La fine della pandemia occasione per una rinascita della nostra Repubblica




La fine della pandemia occasione per una rinascita della nostra Repubblica

Tante sono state le difficoltà in questi mesi di pandemia. Gli imprenditori e in generale i titolari di un’attività hanno fatto sforzi immani per poter lavorare coprendo a malapena i costi e contando su ristori molto bassi o addirittura inesistenti. I lavoratori meno fortunati hanno dovuto aspettare mesi prima di ricevere la cassa integrazione. La rete del volontariato ha retto pur con un aumento esponenziale delle richieste di aiuto. 

Certo è innegabile che le differenze sociali siano accresciute. Chi se lo poteva permettere bene o male ha continuato a fare la vita di prima ma per molti la chiusura forzata si è rivelata un inferno. Basti pensare che “il rapporto su povertà ed esclusione sociale” della Caritas 2020, sulla base dei dati raccolti nei centri d’ascolto, stima l’incidenza dei nuovi poveri in crescita dal 31% al 45%. Di fatto molti dichiarano d’aver subito una riduzione del reddito familiare, anche tenendo conto degli eventuali strumenti di sostegno ricevuti; per il 15 per cento il calo è di oltre la metà del reddito complessivo. 

Criticità forti si sono manifestati anche nel settore dell’istruzione con la didattica a distanza, uno strumento da coltivare ma a cui si è arrivati a freddo, sia perché le famiglie non avevano pc o smartphone sufficienti, sia perché si è dato per scontato che tutti avessero una connessione internet. E per i genitori la chiusura delle scuole ha significato un carico di responsabilità ulteriore che, unito alle difficoltà economiche, nei casi estremi ha portato a stati d’ansia o depressione. 

Legato a queste considerazioni c’è il tema del calo delle nascite, cosiddetto “inverno demografico”, che sta portando ad un progressivo invecchiamento della società e ad una sproporzione fra il numero degli anziani e quello dei giovani presenti nel Paese (tendenzialmente anche in Europa con eccezione della Francia). I fattori d’influenza sono molteplici, ma le condizioni di vita e lavoro non sono incentivanti ne motivanti a metter su famiglia, e chi decide di farlo è costretto a fare i salti mortali. Il clima generale che si respira oggi è di sfiducia e questo porta in molti casi alla rinuncia o a scegliere di fermarsi dopo il primo figlio. 

L’assegno unico che partirà dal 1 luglio, uscendo dalla logica categoriale per cui solo i lavoratori dipendenti (con basso reddito) si vedono riconosciuto il costo del figlio, è sicuramente un passo avanti, ma se manca una prospettiva è difficile uscire dallo stallo demografico. 

In conclusione la pandemia ha modificato i nostri comportamenti, ha seminato morti e paure, ma può essere l’occasione storica per ricominciare. Proprio come 75 anni fa. 

Ripartendo dai temi più urgenti: lavori e giovani; aiuto agli imprenditori, artigiani e commercianti, fra i più colpiti dalla crisi e contrasto al cosiddetto “inverno demografico”. Tutti temi strutturali che sono sul tavolo della politica da anni e per i quali la crisi innescata dalla pandemia ne ha accelerato l’esame e la richiesta di cambiamento. 

Andrea Fossati 


intervento pubblicato su libertà del 10/06/2021

10/05/2021 - La sicurezza del lavoro una priorità 365 giorni l'anno

Bruno Galvani che organizzò nel 2009 l'iniziativa 1140 croci bianche

pubblicato su libertà il 10/05/2021

A Piacenza, nel 2009, grazie alla splendida iniziativa di Anmil di cui Bruno Galvani era presidente, 1140 croci bianche furono piantate nel vallo delle Mura per ricordare le vittime degli incidenti sui posti di lavoro. Oggi, che a colpire invece più dei numeri sono le storie, è la
morte di Luana d’Orazio, la mamma ventiduenne che ha perso la vita in una fabbrica tessile in provincia di Prato, a riaccendere i riflettori sul tema delle morti bianche. Ma se l’indignazione dell’opinione pubblica da un lato resta alta, dall’altro sono le soluzioni al problema a rimanere, purtroppo, ancora insufficienti. Il tema della sicurezza sul lavoro è infatti uno dei pilastri sui quali non può non reggersi una società che si definisce progredita, moderna, civile. 

Nel 2O21 subire un infortunio invalidante o, peggio ancora, perdere la vita mentre si sta svolgendo il proprio lavoro non può essere più considerato accettabile. Ci sono morti che avvengono perché la sicurezza dei lavoratori non è considerata prioritaria, oppure perché
i lavoratori non sono formati in modo adeguato sui rischi che corrono. Oppure ancora perché rischiano per andare il più veloce possibile, in un mondo del lavoro che costringe sempre più al precariato e alla ricattabilità. 

Soprattutto, morti che avvengono perché mancano i controlli. In Italia, oggi, ci sono 3 mila ispettori per controllare 3 milioni di aziende. Un ispettore ogni mille. La Corte dei conti ha
certificato che nel 2019, con questa forza-lavoro a disposizione, sono state controllate solo lo 0,48% delle aziende in Italia. 

E’ un dato che dovrebbe far balzare dalla sedia, e che certifica una carenza evidente, funzionale a creare terreno fertile per favorire (invece di limitare) irregolarità procedurali e situazioni al limite. 

È ora di voltare pagina e di istituire un potere di controllo capillare e diffuso che possa veramente fungere da deterrente a chi mette la sicurezza dei lavoratori a repentaglio, privilegiando i propri interessi. Il Recovery Fund sarà lo strumento principale per ripartire dal punto di vista economico. Ma per farlo bene, occorrerà anche vigilare meglio, con più ispettori, maggiori competenze e rinnovati margini di manovra per chi controlla. Non perdiamo questa occasione per rimettere salute e sicurezza al primo posto.

giovedì 1 aprile 2021

01/04/2021 - Riflessioni sul riconoscimento del Centro Islamico come moschea


Riflessioni sul riconoscimento del Centro Islamico come moschea

In questi giorni la polemica su quella che sarà di fatto la nuova moschea ha raggiunto picchi surreali. Eppure poter pregare il proprio Dio dovrebbe essere un diritto fondamentale e si fatica a comprendere quale riluttanza potrebbe esserci nel riconoscerlo formalmente, chiamando con il proprio nome una realtà che a Piacenza esiste già da oltre un decennio.

Non nascondo che rileggendo Libertà partendo dalle prime fasi della querelle lo smarrimento aumenta: dapprima la Lega attacca Fdi e l’Assessore Opizzi rea di non aver stoppato la pratica (a proposito, il partito di Salvini dov’era in questi ultimi quattro anni di governo della città ?); successivamente la Opizzi passa da una posizione apprezzabile (“non avrei mai potuto avere un ruolo fondamentale in questo percorso”) alla divulgazione a mezzo stampa di una lettera inviata ai funzionari comunali nella quale chiede ulteriori verifiche e chiarimenti con una tempistica allarmante, dato che l’iter si è concluso positivamente nel marzo 2021.

Se la difesa dell’amministrazione ricade sul dover di legalità e trasparenza, e questo nessuno lo pone in discussione, allora per lo stesso motivo si sgombri il campo da equivoci e si dia risposta alle sei domande che l’opposizione ha posto all’Assessore Opizzi.

Un altro argomento utilizzato dai detrattori della moschea è quello relativo alle presunte derive terroristiche. L’On. Foti ha toccato il punto nell’intervista del 28 marzo u.s. citando quanto sta accadendo in Francia. Tuttavia occorrerebbe contestualizzare l’opera di controlli che il Paese transalpino ha messo in campo per contrastare l’estremismo islamico, in particolare quello connesso al movimento turco Visione Nazionale, braccio armato di Ankara. Il fondamentalismo è certamente una minaccia per l’Europa e va combattuto con forza, ma su un tema così delicato, Foti avrebbe dovuto, con maggior senso di responsabilità, rimarcare la distanza tra quel contesto e il nostro, di certo non esposto agli stessi rischi.

Apprezzabile, infine, l’intervento del Vescovo Monsignor Cevolotto che ha sostenuto come sia importante accogliere gli immigrati riconoscendone anche il diritto a un credo religioso altro, senza scadere nell’utilitarismo: sono persone, prima ancora che forza lavoro. Non dimentichiamolo.

La pandemia ci dovrebbe unire nella solidarietà, indipendentemente dalla religione.

ANDREA FOSSATI

venerdì 7 febbraio 2020

07/02/2020 - Considerazioni riguardanti il dibattito promosso da Libertà sul tema immigrazione – odio vera emergenza


Leggendo l’intervista all’Assessore Zandonella (libertà 04-02-2020) sul tema immigrazione si possono trovare spunti di riflessione per una discussione aperta.
La frase che mi ha fatto riflettere maggiormente è sul finire del pezzo, dove l’Assessore in buona sostanza afferma che no, non si possono definire piacentini coloro che non hanno qui le proprie radici, anche se da anni hanno scelto di vivere e lavorare sul territorio. In questa frase si ravvisa la vera chiusura, la visione dell’immigrato come una minaccia da scongiurare.
La vera svolta dal punto di vista culturale sarebbe nel dire che a Piacenza non ci sono stranieri, perché chi ha scelto di viverci fa parte della stessa comunità. Certamente i problemi esistono, l’integrazione è tutt’altro che scontata, per incanalarla sui binari giusti servono politiche che la favoriscano, abbandonando gli slogan volti unicamente a gettare benzina sul fuoco. Gli episodi d’intolleranza e odio frutto di queste logiche sono si una vera emergenza.
Altro aspetto fondamentale è la connessione dei migranti con il mondo del lavoro: in buona parte, sono manodopera ad oggi ancora fondamentale che – in loro assenza o indisponibilità – nessuno assicurerebbe (vedi servizi, logistica ed edilizia). Le prime generazioni soffrono questo gap in particolare, e per poter integrarsi, crescere i figli, accettano di buon grado lavori umili. E comunque il lavoro stesso è da considerarsi perno del processo d’integrazione: nel contesto stesso si possono apprendere regole, abitudini e anche la lingua.
Il muro psicologico che cita l’Assessore è rappresentato dalla strategia attuata dal suo stesso leader, d’altronde la lega è il partito che si guarda bene dal partecipare alle riunioni per modificare il trattato di Dublino (invito chi non lo avesse fatto a vedere il video di Elly Schlein e Salvini), sostanzialmente perché vuole che il sistema resti com’è, potendo usare i migranti come mezzo di propaganda. Ed è sempre la lega che con il primo decreto sicurezza ha abolito la protezione umanitaria e di fatto aumentato il numero di irregolari in Italia. In pratica tutti coloro che non avevano il permesso umanitario in base al decreto sono stati -di fatto- messi in strada e quindi si sono riversati nelle piazze, nelle strade e nelle stazioni.
In Italia e in Europa c’è invece bisogno di una svolta in tema politiche d’immigrazione; le scelte dovranno essere nette, tenendo insieme sicurezza e solidarietà, accoglienza e rispetto delle regole, diritti e doveri. Saranno per questo fondamentali gli accordi coi Paesi di provenienza per filtrare le partenze e agevolare i rimpatri.
In conclusione mi rifaccio all’espressione della Ministra dell’Interno Lamorgese che ha detto “dobbiamo occuparci d’immigrazione rinunciando all’emozione”, vale a dire non facciamoci prendere dagli estremismi da ambo i lati.